PREMESSA
Ruggero Jacobbi, nato a Venezia il 21 febbraio 1920 è poeta, drammaturgo, regista, critico teatrale e letterario, sceneggiatore cinematografico, traduttore. Egli è senza dubbio uno degli esponenti più brillanti di quella che Claudio Meldolesi ha definito “la generazione dei registi”[1] (i cui rappresentanti più illustri sono Giorgio Strehler, Vito Pandolfi, e Luigi Squarzina), che ha il merito di aver dato vita, negli anni del secondo dopoguerra, all’istituzione della “regia critica.”
Nel 1937 Jacobbi consegue la Maturità Classica presso il Liceo Tasso di Roma e si iscrive alla Facoltà di Lettere di Roma. Inizia subito a collaborare nell’ambito dei Teatri Guf universitari, studiando contemporaneamente anche al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove è allievo di Umberto Barbaro e Francesco Pasinetti. Dai diciotto anni in poi egli rivela il suo talento precoce collaborando con importanti e prestigiose riviste letterarie tra cui Letteratura, Campo di Marte, Circoli, Maestrale, Fiera Letteraria, Il Meridiano di Roma, Raccolta, Corrente.
Nel 1940 esordisce alla regia con Musica per foglie morte di Rosso di San Secondo e Giornata nel tempo di Ernesto Treccani al Teatro Guf di Teramo, ottenendo un buon successo. Decisamente riuscita anche la regia di Minnie la candida di Massimo Bontempelli, nell’aprile del 1942 al Teatro dell’Università di Roma, con Anna Proclemer al debutto. Distaccatosi dall’ambiente gufino a causa del malcelato conformismo e del dilettantismo in esso dilaganti, Jacobbi inizia a collaborare con Gerardo Guerrieri al Teatro delle Arti di Anton Giulio Bragaglia. In questa storica sede i due animatori organizzano, nel 1942, una stagione comprendente i testi di Rosso di San Secondo, Luigi Pirandello, Massimo Bontempelli, Ugo Betti, Diego Fabbri, Tullio Pinelli. Nelle prime regie dei giovanissimi si può distinguere una linea che tende alla progressiva eliminazione di ogni atteggiamento esteriore o decorativo, a una centralità della parola poetica, una giusta interpretazione del tono e dei personaggi, e soprattutto un forte senso etico, in contrasto con l’ottuso e bieco ottimismo imperante sulle scene negli anni Quaranta, efficacemente descritto nelle caustiche cronache di Ennio Flaiano. Nel 1942 Jacobbi firma anche l’allestimento di La donna romantica e il medico omeopatico di Riccardo Castelvecchio, interpretato da Neda Naldi. Lo spettacolo Autostrada di Ernesto Caballo, viene rappresentato l’anno successivo al Teatro Quirino di Roma, interpretato da Diana Torrieri (una delle attrici predilette da Jacobbi, che continuerà a collaborare con lui durante gli anni Sessanta e Settanta). Si tratta dell’ultima regia d’apprendistato di Jacobbi, che usa luci metafisiche e musiche di facile presa, lo spettacolo quindi risente – almeno a prestar fede alle cronache del tempo – del clima più routinier del Teatro delle Arti. Seguono gli anni di eclisse teatrale dal ’43 al ’45, in cui Jacobbi partecipa alla Resistenza subendo anche l’arresto per attività sovversive nel gennaio del 1944.
Dopo una breve collaborazione con il quotidiano Il Tempo, nel 1945 Jacobbi si trasferisce a Milano, dove frequenta il circolo di cultura teatrale Diogene, fondato da Paolo Grassi e Giorgio Strehler (intorno ai quali si raccolgono personaggi del mondo teatrale tra cui Vittorio Gassman, Tino Carraro, Ettore Gaipa, Mario Landi e Nina Vinchi), dove si leggono testi nuovi, italiani e stranieri, e si dibattono i temi generali del rinnovamento del teatro. Jacobbi torna sulle scene nel 1946 con La voce della tempesta (con Diana Torrieri), un adattamento di Cime tempestose di Emily Bronte, al Teatro del Castello di Milano. Nello stesso anno egli è anche sceneggiatore e attore cinematografico (nel ruolo di un capostazione cospiratore) di Il sole sorge ancora di Aldo Vergano, film che rappresenta uno dei capisaldi del neorealismo (anche Alfonso Gatto vi appare brevemente nel ruolo di macchinista). Intuito precocemente il valore assoluto di Strehler, Jacobbi adatta insieme al regista triestino Teresa Raquin di Emile Zola, che viene rappresentato al Teatro Odeon di Milano. Tuttavia, poco prima della svolta del Piccolo Teatro, il gruppo milanese perde il contributo di Jacobbi. Il 1946 è per il regista-critico l’anno della partenza per il Brasile con la compagnia di Diana Torrieri.
Nel quindicennio successivo Jacobbi è attivissimo. In Brasile, sua seconda patria, dirige la compagnia di Sandro Polonio e Maria della Costa; con l’attore Sergio Cardoso, costituisce un gruppo con i migliori elementi della scena giovanile di Rio, il Teatro dei dodici, che debutta con Arlecchino servitore di due padroni (1949), spettacolo di enorme successo. Tuttavia, per varie vicissitudini, il gruppo si scioglie l’anno seguente. Il regista comunque, lavorando con diverse compagnie a ritmi serrati mette in scena: Il bugiardo (1949) e La locandiera (1955) di Carlo Goldoni; Il lutto si addice ad Elettra di Eugene O’ Neill (1951); Enrico IV di Luigi Pirandello (1957); Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare (1950); Notturno e La più forte di Johan August Strindberg (1952); Elettra di Sofocle (1959); L’innamorata di Marco Praga (1957); La sconosciuta di Arras di Armand Salacrou; La figlia di Jorio di Gabriele D’Annunzio; Questi fantasmi di Eduardo De Filippo (1948); sul versante lirico Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart (1956); Madame Butterfly di Giacomo Piccini (1957); Andrea Chenier di Luigi Illica (1957), Carmen di Georges Bizet (1958). Jacobbi è critico drammatico su Ultima hora, Folha da Noite, O estado de Sao Paulo; insegna Recitazione, Estetica, Storia del teatro presso la Escola de Arte Drammatica di San Paolo, dove dirige anche il Centro di Studi Cinematografici realizzando tre lungometraggi: Sinfonia Carioca (1947); Presença de Anita (1951); Esquina da Illusâo (1953). Nel 1958 si trasferisce a Porto Alegre e crea presso l’Università il corso di Arte Drammatica insegnando ancora Storia del Teatro ed Estetica.
Rientrato in Italia nel 1961 Jacobbi pubblica Teatro in Brasile, primo completo panorama in lingua italiana del teatro brasiliano dalle origini fino alla scena contemporanea. Diventa inoltre regista radiofonico per la RAI (23 regie nell’arco di tempo che va dal 1962 al 1973 tra cui La scala, di Rosso di San Secondo e Valoria di Massimo Bontempelli); vice di Paolo Grassi al Piccolo Teatro (dove dirige anche il Corso di Recitazione, e, nel 1963, è docente di Dizione Poetica) e direttore della Civica Scuola d’Arte Drammatica del Comune di Milano. Collabora con l’Avanti come cronista drammatico dal 1961 al 1965 (i suoi scritti sul quotidiano sono stati recentemente raccolti nel volume Maschere alla ribalta: Cinque anni di cronache teatrali 1961-1965) e sceneggia insieme a Sandro Continenza e Marcello Costa L’ammutinamento delle donne perdute di Silvio Amadio, con Lydia Alfonsi.
Per tutti gli anni Sessanta Jacobbi regista combatte per una rivalutazione della drammaturgia italiana in tutti i suoi aspetti possibili: dalla commedia rinascimentale (La Cecca di Gerolamo Razzi, spettacolo realizzato nel 1961 nell’ambito del Teatro Sperimentale dell’Università di Pisa e portato in tournée in Spagna), al dramma borghese ottocentesco L’innamorata di Marco Praga (1965); dal grottesco La maschera e il volto di Luigi Chiavarelli, con Ernesto Calindri (1967) e Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello, con Tino Carraro (1965), fino alle generose messe in scena di autori esordienti o giovani in collaborazione col Piccolo Teatro di Milano: Il re dagli occhi di conchiglia di Luigi Sarzano, con Gian Maria Volontè e Una corda per il figlio di Abele di Anton Gaetano Parodi (entrambi messi in scena nel 1962); I burosauri di Silvano Ambrogi con Ernesto Calindri (1963, Premio IDI-Saint Vincent per la migliore regia); La breccia, di Dante Guardamagna e Marisì Codecasa, dramma ambientato nel Risorgimento (1963); Evaristo, di Franco Molè, con Thomas Milian (1965); Gli ereditieri di Silvio Gnisci (1966); La ragazza di Stoccolma di Alfonso Leto (1968). Da ricordare anche un’incursione nella drammaturgia francese contemporanea con La raganella di Charles Dyer, con Maria Grazia Spina ed Elio Pandolfi (1968) e le riprese di La commedia degli errori di Shakespeare, con Alberto Lupo, Diana Torrieri (1966), La duchessa di Urbino di Lope de Vega, con Ernesto Calindri e Diana Torrieri (1967). Nel 1966 è espulso dal Portogallo ad opera del regime di Salazar, mentre al Teatro Sperimentale dirige La locandiera.
Tra le opere drammatiche scritte e rappresentate da Jacobbi citiamo: O outro lado do Rio (1959); Il porto degli addii (1965); Il cobra alle caviglie (1969).
Per quel che riguarda l’ambito critico-letterario ricordiamo Lirici brasiliani dal modernismo a oggi (1960); la traduzione di Le metamorfosi di Murilo Mendes (1961); William Faulkner (1967), Ernest Hemingway (1968), Campo di Marte trent’anni dopo: 1938 – 1968 (1969), Poesia futurista italiana (1968).
Anche negli anni Settanta l’attività di Jacobbi prosegue senza sosta: nel 1973 è docente di Letteratura Brasiliana alla Facoltà di Magistero di Roma, inoltre scrive come critico drammatico su Dramma, Paragone, Chiarezza, Il Ponte, Ulisse, ed è lettore di copioni per l’IDI, professore di Storia del Teatro nell’Accademia Nazionale di Arte Drammatica, Presidente della Società Italiana Autori Drammatici. Pubblica inoltre i volumi monografici Pizzuto (1971) Ibsen (1972), Rimbaud (1974); Invito alla lettura di Dino Campana (1976); La solitudine pubblica. Saggio sulla poesia di Roberto Sanesi (1977); collabora a Paese sera, Sipario, Ridotto, Enciclopedia dello spettacolo, cura le regie di La malquerida di Jacinto Benavente (1972) ed Edipo senza sfinge (1973).
Se nel mondo teatrale Jacobbi si presenta come letterato consapevole dei limiti della letteratura, incarnando a tratti la figura del letterato in lotta affinché le poesia si affermi sulle scene, la sua poesia è votata all’inedito. Dopo una mini-antologia pubblicata nel 1972 dal titolo Sonetti e poemi (1941-1966), Jacobbi pubblica in vita solo altre due raccolte (per dare il segno di una presenza ipotetica semiclandestina per gli happy few): Le immagini del mondo nel 1978 e e dove e quando e come nel 1980 (se si esclude Poemi senza data stampati a Porto Alegre nel 1955 ma non usciti in Italia).
Questo irregolare ed eclettico personaggio felicemente diviso tra letteratura e teatro è destinato a lasciare una profonda traccia nella storia del teatro, oltre che per la sua finissima sensibilità registica, soprattutto grazie ai suoi scritti critici, e in particolare alle due raccolte di saggi Teatro da ieri a domani (Premio Silvio d’Amico 1972) e Le rondini di Spoleto (1977), in cui l’autore si interroga incessantemente sul rapporto tra teatro, società e letteratura. Entrambi i libri sono divisi (in modo non privo di ironia) in tre sezioni: “Ragion Pura,” “Ragion poetica” e “Ragion pratica.” Jacobbi usa un linguaggio chiaro e preciso e tuttavia non privo di capacità evocative. Per decenni egli ha dato indicazioni precise, risposte spesso inascoltate sul problema del testo e della sua messa in scena, su come la drammaturgia possa superare i condizionamenti del vecchio teatro e nello stesso tempo sfuggire a ogni utopia negativa. Una certa importanza riveste anche Guida per lo spettatore di teatro (1973), il primo testo italiano per le scuole superiori sull’argomento, che propone un’interessante ricognizione nel teatro e nella sua funzione. Esso è diviso in tre parti: “Teoria e tecnica dello spettacolo,” “L’evoluzione del teatro,” e “Confronti.” Nella prima, a nostro giudizio la più riuscita, Jacobbi analizza i ruoli del drammaturgo, del regista, dell’attore e dell’importanza del pubblico.
La direzione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Jacobbi si svolge nel quinquennio che va dal 1975 al 1980, in un momento in cui essa è impantanata in una difficile situazione istituzionale, la cui gestione richiede al neo-direttore uno sforzo pressoché totalizzante. Uno dei suoi ultimi importanti interventi (Dal regionalismo al “teatro di poesia”) si svolge a Firenze, nell’ambito del convegno organizzato dal Gabinetto G. P. Vieusseux, Teatro dell’Italia unita, tenutosi a Firenze tra il 1977 e il 1978 (i cui atti, a cura di Siro Ferrone, sono stati pubblicati nel 1980). Jacobbi si spegne il 9 giugno 1981 a Roma.
Dopo la sua morte, nel 1982 è uscito un numero speciale a lui dedicato di Ridotto (giugno-luglio 1982). Fondamentali i volumi a cura di Anna Dolfi: L’avventura del Novecento (1984, libro postumo che raccoglie testi, quasi tutti inediti, riguardanti il Novecento letterario di Jacobbi), Diciotto saggi su Ruggero Jacobbi . Atti delle giornate di studio. Firenze, 23-24 marzo 1984 (1987), Lettere 1941-1981 (che raccoglie il carteggio tra Jacobbi e Oreste Macrì con un’appendice di testi inediti o rari), l’edizione anastatica di Le rondini di Spoleto (2001, contiene il Cd-Rom a cura di Francesca Polidori che ha ricostruito la bibliografia completa di Jacobbi e l’Inventario del Fondo Ruggero Jacobbi disponibile presso l’Archivio Contemporaneo A. Bonsanti-Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Viesseux) e l’antologia L’Italia simbolista (2003). Da ricordare anche il volume di Antonio Piromalli che ripercorre L’attività letteraria di Ruggero Jacobbi (2000) e gli atti di L’eclettico Jacobbi. Percorsi multipli tra letteratura e teatro, Giornata di studio a cura del Dipartimento di Italianistica, del Gabinetto G.P. Vieusseux e dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” (2002).
University of Florence Dissertation. Committee: Siro Ferrone (Chair), Renzo Guardenti.
[1] Cfr. C. MELDOLESI, Fondamenti del teatro italiano. La generazione dei registi, Firenze, Sansoni, 1984.
Theater According to Ruggero Jacobbi
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